Finalmente è troppo tardi, recensioni #1

Il primo a condividere pubblicamente in rete la sua opinione su Finalmente è troppo tardi di Miki Fossati è stato Alessandro Vietti che ne parla in questo modo su facebook. 

Buona lettura!


C’erano innumerevoli (ottimi) motivi per cui attendevo questo libro. Uno era la curiosità intrinseca per ogni nuovo autore italiano pubblicato da Zona 42 (perché conosco i loro gusti, perché so come lavorano, perché so quali sono le loro ambizioni). Un altro perché di Miki Fossati avevo letto soltanto il suo racconto comparso su Propulsioni d’Improbabilità e mi aveva lasciato con la voglia di leggere qualcos’altro di suo. Un altro ancora perché ho avuto la fortuna di incontrare Miki un paio di volte e se lo incontraste, semplicemente, vorreste anche voi leggere qualcosa di suo. E infine perché per la prima volta Zona 42 (o forse seconda?) si allontanava dai consolidati territori della fantascienza e attraversava i confini del weird, un weird italiano per giunta! Insomma, c’erano abbastanza presupposti per ordinare una deviazione di rotta dalla coda di lettura già stabilita e prendere subito in mano il romanzo freschissimo di stampa. E così ho fatto. E ho fatto benissimo.

Perché il romanzo di Miki Fossati è delizioso.

E non uso questo aggettivo prendendone uno positivo un po’ a caso. No. È proprio delizioso nel senso gastronomico del termine, ovvero che coniuga la bontà alla soddisfazione. Perché il romanzo di Fossati è un ottovolante tra leggerezza e profondità, tra stranezze inspiegate (ma che non c’è bisogno di spiegare, siamo nel weird, ricordatevelo sempre) e misteri che invece presuppongono rivelazioni. Finalmente è troppo tardi, nel quale il lettore che conosce Miki Fossati può intuire la misura non trascurabile (e dunque voluta) del gesto autobiografico, è un atto d’amore di un padre per una figlia, ma anche di un autore per le storie, le storie che ci rendono quello che siamo, le storie che ci alleviano dai dolori, le storie che ci insegnano, le storie (e i loro personaggi) che ci salvano.

E dentro il romanzo di storie ce ne sono tantissime, che si accavallano, si intersecano, alcune gustosissime (quella del portale di Lego, per esempio), ma soprattutto che aleggiano come fantasmi che a volte fanno una paura matta, ma più spesso tenerezza, malinconia, o tristezza, e che rappresentano nodi irrisolti del nostro passato che presto o tardi siamo chiamati ad affrontare e a sciogliere; oppure storie che, almeno fino a un certo punto, non sai bene come collocare, come strani ibridi dalle chele schioccanti, la cui diversità diventa a sorpresa un inatteso motivo di empatia e salvezza.

Come dichiarato dall’editore, è davvero difficile trovare le coordinate letterarie di questo libro, cosa che per il mercato potrebbe essere motivo di inciampo, eppure, nonostante tutto questo weird, nonostante un Dracula violinista e la comparsa di Andy Murray (sì, il celebre tennista inglese), c’è anche spazio per (quasi) una spy story dalle tinte (quasi) fantascientifiche, ma anche per profondi temi di attualità e le loro conseguenze che, anche quelle, a volte, nel peggiore dei casi diventano fantasmi da trapassare. Ma non vi do altri indizi. Visto che il romanzo è delizioso, non vi resta che gustarvelo.

Dal canto mio non vedo l’ora di (ri)vedere Miki, magari proprio a Whitstable (vorrei tanto vedere le fortezze sul mare, che – sappiatelo – esistono davvero); perché la prossima volta che lo incontrerò, so già che non riuscirò a resistere dal chiedergli: mi racconti una storia?

P.S. Non ho avuto occasione di dirlo prima, ma nel romanzo di Miki Fossati la musica è molto importante, anzi fondamentale (quasi quanto le navi). Personalmente leggo quasi sempre accompagnato da un sottofondo musicale e in questo caso – tra la musica che conosco – una colonna sonora perfetta per il suo romanzo l’ho trovata nel (bellissimo) March of Ghosts di Gazpacho e anche qui per innumerevoli motivi. Uno per il titolo che più perfetto non poteva essere. Un altro per le atmosfere azzeccate. E infine (soprattutto) per il pezzo Mary Celeste che non a caso sfocia a sorpresa in una spiccata sonorità folk inglese. Perché la Mary Celeste era un brigantino canadese che fu ritrovato senza nessuno a bordo nell’Oceano Atlantico al largo di Gibilterra nel 1872. Ancora oggi non sappiamo di preciso che cosa sia accaduto (e probabilmente non lo sapremo mai), ed è così che la Mary Celeste è diventata il caso archetipico della nave fantasma…

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