Elysium, recensioni #3

Vi proponiamo quella che ad oggi è forse la recensione più interessante scritta a proposito di Elysium.
L’ha pubblicata Elisa Giudici sul suo blog gerundiopresente. A noi appare notevole oltre che per i contenuti, anche per la forma adottata, che ricalca la struttura del romanzo di Jennifer Marie Brissett.
(Trovate l’articolo orginale qui. Ringraziamo Elisa Giudici per averci permesso di ripubblicarlo sul nostro sito.)


 

Io mi ci metto d’impegno, promesso, ma adesso capisco perché alle svariate presentazioni del libro a cui ho assistito da parte di Zona 42 se ne usciva sempre con un’idea piuttosto confusa e nebulosa:  Elysium di Jennifer Marie Brissett è davvero un libro irrecensibile, a meno di non spoilerare l’intera struttura del romanzo, la cui scoperta è decisamente uno dei frangenti più sorprendenti di questo esordio davvero peculiare.

Si potrebbero affibbiare molte etichette a questo romanzo: è sicuramente fantascientifico e ricade nel filone post-apocalittico, ma la consapevolezza piena di come rientri in questi due ambiti la si acquisisce davvero nelle battute finali di un romanzo che ha il coraggio e soprattutto la capacità di stare appieno dentro il genere SFF, affrontando questioni esistenziali e intimiste che spesso sembrano appannaggio della literary fiction più blasonata.

A voler ammazzare ogni attrattiva che appassionati di fantascienza e curiosi ormai rassegnatisi a spulciare questo tipo di recensioni sul blog, si potrebbe dire che Elysium è una grande storia d’amore che trascende il tempo e lo spazio, ma che non riesce mai a lasciare dietro di sé le cause stesse della sua rovina. Parlare di amori avversi e destino per quanto riguarda la relazione tra Adrian e Antoniette è esatto, ma sono concetti mortalmente zavorrati da una sovrastruttura di cliché e banalità che non li rende esattamente attrattivi.
Riavviamo.

 
A voler stuzzicare la curiosità di quanti amano la literary fiction più sperimentale e allegorica, Elysium è un romanzo che s’interroga sulla natura stessa dell’anima – o di come vogliate chiamare il nucleo constituitivo e irripetibile di ogni coscienza coscienza umana – e sugli elementi fondativi di ogni essere senziente, quelli che possono venir modificati o mai del tutto azzerati dal contesto sociale e storico in cui vive. Eluysium è un continuum ininterrotto di frammenti episodici dai personaggi e dalle svolte ricorrenti, ma il cui filo conduttore è il grande mistero del romanzo. Cosa regola il riavvio delle storie di Adrien e Anton? Perché la loro unione è sempre lievemente differente ma non riesce mai a durare? Perché abitano costantemente la cronologia del loro mondo in progressivo decadimento con decine di vite differenti, per centinaia di anni, ma senza memoria di quanto già vissuto? Elysium esplora molto da vicino questa questione e non dà risposte facili, tanto da essere tanto affascinante e potente nel suo finale quanto frustrante e ingannevole in apertura; insomma, non mi sentirei di criticare quanti lo abbandonassero prima di venirne a capo, perché sa essere frustrante. Non è chiaro, vero?
Riproviamo.

 
A voler un po’ banalizzare e molto semplificare l’intera questione, tradendo il lirismo della scrittura di Marie Brissett, Elysium è la cronaca millenaria di un mondo sotto assedio e in guerra, narrata attraverso una ricorrenza di personaggi intrappolati in una processo che ricorda una sorta di reincarnazione forzata. I due amanti e una manciata di comprimari continuano a essere riavviati, cambiando ogni volta di sesso, etnia, orientamento sessuale, età, professione. Le costanti sono le relazioni di affetto e la tipologia di attaccamento agli altri componenti del gruppo (amore platonico, sensuale, filiare, paterno, materno), alcune apparizioni allegoriche che all’interno dei singoli episodi, che spargono indizi per il lettore alla ricerca di risposte. Il suddetto comincerà davvero a entrare in risonanza con il libro quando gli episodi narrati – via via che si raggiunge un punto di non ritorno – sapranno distrarlo prepotentemente dalla ricerca continua di un senso, una logica, un minimo denominatore comune. A me per esempio è successo con il passaggio più distopico, quello dedicato alle vestali che tengono viva la sacra fiamma nel tempio locale, per tenere lontana la guerra.
Riassumiamo.

 
JenniferMarieBrissettA voler essere lapidari, Elysium è il classico romanzo che chiede una professione di fede al lettore e proprio per questo una pubblicazione davvero coraggiosa da parte del suo editore, che rischia molto perché propone qualcosa che sul mercato italiano (e non solo) si vede raramente. E non mi sto riferendo a una traduzione ineccepibile e molto evocativa di Martina Testa (avercene). Elysium è un esordio dalla struttura molto raffinata, il classico romanzo che apprezzi davvero in prospettiva, solo dopo averlo concluso, tanto che ti viene voglia di ripartire da capo. Anzi, ti viene quasi da irritarti perché con gli elementi spiccatamente fantascientifici dell’invasione e con i rimedi attuati per la sopravvivenza del genere umano contenuti nell’ultima parte e necessariamente appena accennati, si potrebbe riempire un altro romanzo o forse due. Man mano che il salto nel tempo dei singoli episodi si fa più lungo, si finisce per affrontare due distinte apocalissi: quella che mette in pericolo la sopravvivenza dell’umanità e quella, più tarda ma ancor più senza appello, che mette la parola fine alla storia millenaria della terra.

 
A voler rassicurare il lettore confuso, si potrebbe ricordare che Elysium è un libro complesso ed evocativo, ma la sua autrice è una donna così concreta da scrivere una postfazione per l’edizione italiana più che esplicativa, per chi tra alci metaforici, gufi portatori di sventura e alieni portatori di morte non avesse fatto caso alle radici storiche dei nomi dei protagonisti.

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