L’uomo del censimento, recensioni #1 – Internazionale

Internazionale ci ha fatto una bella sorpresa pubblicando nel numero di questa settimana la recensione a L’uomo del censimento di China Miéville scritta da Francis Spufford per il Guardian.
Ringraziamo la redazione della rivista per l’attenzione dedicata al nostro progetto. Non capita spesso che in quelle pagine si parli di libri come i nostri.

Buona lettura!


Lo straordinario libro di China Miéville comincia con un bambino che corre giù per una montagna gridando a chiunque voglia ascoltare che sua madre ha ucciso suo padre. O è suo padre che ha ucciso sua madre? Qualcuno ha ucciso qualcuno, comunque.

Anche se è solo quella che si definirebbe una novella, L’uomo del censimento piega, flette e manipola la narrazione su una scala che manterrebbe occupato un narratore più convenzionale per centinaia di pagine.

La storia è ambientata nel luogo indeterminato, ma estremamente vivido, di un’apocalisse soft. Potrebbe trovarsi da qualche parte nell’attuale provincia cinese, o in qualunque altro luogo in cui si cammina su una terra riarsa e sui sacchetti di plastica triturati. L’ambiente spoglio si armonizza con lo stoico squallore delle emozioni. Il nostro ragazzo, qualunque sia il suo nome e la sua età, vive su una montagna con una madre cupamente inespressiva e un padre incline a episodi psicopatici. Che suo padre l’abbia uccisa o meno, sua madre scompare, e né i ragazzi di strada né gli adulti della città possono salvarlo dalla casa silenziosa e spaventosa sulla collina.
Finché un uomo del censimento in giacca e cravatta non bussa alla sua porta.

Tutto è volutamente un po’ sfocato, obliquo, quasi in codice. Le spiegazioni non arrivano. È come la storia di un’infanzia infelice ambientata alla periferia di una delle città invisibili di Italo Calvino, dietro spesse tende metaletterarie.

Francis Spufford
The Guardian

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