Oval, recensioni #4

Sul suo Blog senza pretese Donato Rotelli dedica a Oval di Elvia Wilk una recensione ricca di suggestioni e spunti interessanti.

Ve la riproponiamo qui di seguito.


Elogio della decomposizione, su Oval di Elvia Wilk

La Berlino del prossimo futuro immaginata da Elvia Wilk non è tanto diversa dalla città che conosciamo oggi, cuore della creatività europea e dell’innovazione; e proprio per questo è la città ideale in cui collocare un’utopia ambientalista – che non tarda a rivelarsi una distopia.

Fin dalle prime pagine il lettore si accorge che la Berg, ambizioso progetto abitativo ecosostenibile della onnipresente corporation Finster, è un fallimento e i protagonisti Anja e Louis sono costretti a continui compromessi e piccole infrazioni per condurre una vita tollerabile.

Ma le contraddizioni della vita ecosostenibile sono solo uno degli temi di un romanzo che non è sovraccarico di invenzioni fantascientifiche. Eppure tra le righe c’è tutto: c’è l’ambigua corporation con interessi in ogni settore della città e della vita dei suoi abitanti; c’è la droga Ovale del titolo; c’è il clima impazzito e la ricerca di nuove soluzioni abitative ecosostenibili: ma tutto rimane sapientemente sullo sfondo, affidato alle situazioni e ai dialoghi e spesso implicito nella stessa lingua parlata dai protagonisti.

Sì, perché il lavoro sulla lingua è la vera trovata fantascientifica di Elvia Wilk (e qui è doveroso un plauso alla traduzione di Chiara Reali): è attraverso di essa che ci facciamo l’idea dei rapporti umani aziendalizzati, in cui la comunicazione deve districarsi in una selva di accordi di riservatezza, le relazioni sono « contratti », le idee devono sottostare all’approvazione o alla censura sociali. Persino la morte e il lutto, leggiamo nell’incipit, assumono forme burocratizzate:

“Dopo la morte, è la burocrazia a prendere il comando. Funerali da organizzare, conti in banca da chiudere, rimborsi dall’assicurazione. Tasse non pagate. Debiti non saldati. Per alcuni, il torrente di scartoffie aggiunge uno strato intollerabile di responsabilità. Per altri, questa bufera aiuta a soffocare il lutto. Secondo Anja, Louis apparteneva decisamente alla seconda categoria.Non faceva che parlare di burocrazia. L’unica informazione che le aveva dato mentre era via le era arrivata sotto forma di una serie di messaggi di testo che descrivevano la logistica del dopo-morte. Era di nuovo all’ufficio dell’avvocato. Stava riempiendo scatoloni. Poi stava comprando altra Sprite e cracker per i pensionati.”

Ma alla morte non piace sottostare agli schemi umani, e così la morte della madre di Louis sarà il motore della disgregazione a cui assistiamo, calati in medias res in un processo già avviato, testimoni impotenti della decomposizione: della casa ecosostenibile in cui vive la giovane coppia, del lavoro di Anja, della relazione con Louis.
La decomposizione, dopotutto, è un fatto naturale, fa parte del ciclo della vita: in un ciclo, se non perfettamente circolare almeno ovale, Anja non rifiuta questo processo, accoglie dentro di sé la malattia della città e della sua vita, la indossa sul suo stesso corpo, non cerca scappatoie artificiali, ma si prepara alla rinascita nel mondo che verrà.

In apertura ho usato il termine distopia, ma vorrei evitare equivoci: siamo lontani tanto da una narrazione utopistica quanto dal classico romanzo distopico.
Oval è un romanzo di fantascienza anomalo – non unico nel suo genere, ma abbastanza raro: uno di quei romanzi che consiglierei a chi è diffidente nei confronti del genere, e che potrebbe benissimo essere venduto senza etichette se a pubblicarlo non fosse Zona 42 – editori di fantascienza e altre meraviglie – ma Einaudi (non lo dico a caso, vista l’amicizia e l’apprezzamento reciproco tra Elvia WilkJeff VanderMeer).
È una fantascienza anomala perché non parla di società e tecnologie del futuro, ma di persone e relazioni; perché non c’è un’invenzione risolutiva o un mistero da svelare; non c’è l’individuo buono in lotta con la società repressiva: o meglio ci sono un po’ di queste cose, ma sullo sfondo, mentre in primo piano ci sono Anja e Louis, con la loro cerchia di amici e un rapporto deteriorato, c’è il trauma della morte, che cambia tutto, c’è il dilemma tra la ricerca di un’identità e il conformismo: insomma, i temi eterni del romanzo, almeno da quando quattro secoli fa Don Chisciotte lasciò la sua casa nella Mancia per affrontare un mondo impazzito.

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